Ricerche archeologiche subacquee
A partire dal 1971 il Centro di Attività subacquee di Licata aveva segnalato alla Soprintendenza di Agrigento la presenza di reperti archeologici nei suoi fondali e per tale ragione nel 1973 furono programmate delle prospezioni nell'area dell'isolotto San Nicola, a Licata, a cura del Centro Sperimentale di archeologia sottomarina di Albenga, diretto da Nino Lamboglia, che può considerarsi il padre dell'archeologia subacquea moderna.
In quell'occasione si rinvennero vari oggetti da ricondurre ad un ancoraggio.
Tra il 1983 e il 1985 si decise di avviare n’indagine più approfondita.
Venne redatta una pianta del sito subacqueo dell’Isolotto di San Nicola e furono recuperati reperti di varie epoche, databili tra il VII secolo a. C. e il XV secolo d.C.
Dopo circa 30 anni sono ricominciate le ricerche subacquee nel tratto di mare antistante Licata grazie alla costituzione nel 2012 del Gruppo Archeologico d’Italia "Finziade" che ha supportato e finanziato le indagini archeologiche coordinate dalla Soprintendenza del Mare.
Nel 2014 e nel 2015 si è proceduto alla sorbonatura dell’area attorno alla secca della Rocca San Nicola. Nuovi e importanti dati relativi alla frequentazione dell’isola di San Nicola di Licata sin dall’epoca preistorica emergono dopo la ripresa delle ricerche archeologiche subacquee portate avanti grazie alla sinergia creatasi tra pubblico e privato. Nel caso dell’isolotto di San Nicola le varie campagne di scavo subacqueo hanno permesso di individuare la presenza di numerose ancore di diff erenti epoche orientate verso l’isolotto, a testimonianza di un attracco delle imbarcazioni antiche all’isola e dell’utilizzo della stessa come luogo di approdo costiero, forse un refugium.
Dal 2016 le ricerche si sono concentrate su un altro importante sito archeologico subacqueo, la secca della Poliscia, dove nell’estate del 2013 fu scoperto e riportato a galla un ceppo d’ancora in basalto di epoca greca. A seguito di questo recupero sono stati eseguiti dei saggi di scavo archeologico subacqueo che hanno permesso il rinvenimento di reperti rinvenuti ascrivibili a tre periodi diff erenti, (epoca greca, romana e tardo antica)
Dall’analisi del contesto subacqueo possiamo dire con certezza che anticamente la secca della Poliscia costituiva un pericolo e una minaccia per le imbarcazioni che solcavano questo tratto di mare lungo le rotte commerciali del Mediterraneo. Numerose dovettero essere le collisioni con gli scogli, alcune delle quali provocarono naufragi con conseguente perdita del carico.
Altri importanti reperti, principalmente anfore, sono stati rinvenuti in località Marianello-Cavalluccio, in località Balatazze, e in contrada Colonne.
L’instancabile opera del Gruppo Archeologico Finziade ha fatto si che i reperti, una volta restaurati e conservati presso il chiostro Sant’Angelo di Licata, fossero esposti in un Museo del Mare istituito grazie ad una convenzione firmata tra la Soprintendenza del Mare (Assessorato Regionale ai Beni Culturali e dell’Identità Siciliana) e il Comune di Licata.
Nella nave americana di circa 100 m di lunghezza, bombardata dall'aviazione tedesca, morirono 99 persone e 90 rimasero ferite: brucio' per tre giorni davanti la costa licatese e fu affondata definitivamente nelle immediate vicinanze.
I licatesi la ricordano volgarmente come " u zatteruni".
Negli anni scorsi avevamo recuperato insieme al nucleo SDAI della Marina Militare dei residuati bellici (munizioni, proiettili, bombe, mitragliatori).
Riportiamo il recente comunicato della Soprintendenza del Mare: "La Soprintendenza del Mare, con l'appoggio logistico e nautico della locale sezione "Finziade" dell'associazione "Gruppi Archeologici d'Italia", ha effettuato delle prospezioni negli areali marini a levante del porto di Licata. La zona indagata è quella dello sbarco, avvenuto il 10 luglio 1943 della statunitense "Joss Force", un convoglio navale formato da 256 unità di cui 202 mezzi da sbarco, al comando del generale Lucian K. Truscott. Alle ore 8:10 del mattino dell’11 luglio 1943, mentre proseguiva lo scaricamento del materiale bellico sulla spiaggia, analogamente a quanto avvenuto il giorno prima a Gela per la LST 313, sei aerei, di cui due Focke Wulf 190 del III gruppo dell'unità aerea tedesca SKG10, con un’azione fulminea misero a segno colpi letali sulla nave da sbarco LST 158. Nonostante gli sforzi dell’equipaggio, l’incendio andò fuori controllo e l’unità fu abbandonata, mentre le esplosioni di mine, munizioni e proiettili di artiglieria continuarono a devastarla: bruciò per diversi giorni prima che fosse possibile risalire a bordo e verificarne l’irreparabilità. Accanto a quest'evento di maggiore portata, ne sussistono altri che hanno coinvolto unità minori e le cui tracce si è tentato di individuare: a pochi km a levante del porto di Licata è stata infatti evidenziata la presenza di grossi frammenti metallici e della parte terminale della murata di un'imbarcazione, che emerge dal fondale sabbioso e che è probabilmente riconducibile ad un mezzo da sbarco di dimensioni più piccole, le cui caratteristiche potranno però evincersi solo dopo uno scavo sistematico. Nello spirito dell'art.10 della L.R. 11/2018, l'areale marino attorno Licata, identificato quale teatro dell'operazione Husky e custode del relitto della grande nave da sbarco LST 158, si candida virtualmente ad essere individuato quale "luogo della Memoria" e pertanto sarà cura della Soprintendenza del Mare porre in essere ogni atto finalizzato al predetto riconoscimento, inclusa la regolamentazione dell'accesso al sito a mezzo ordinanza da emettere a cura della locale Autorità marittima. E’ prevista, inoltre, la realizzazione di un documentario sulla LST158, in collaborazione con il GAI "Finziade" e nell'ambito dell'attività di valorizzazione della Soprintendenza del Mare".
Si è conclusa la campagna di ricerche e scavi sulla secca della Poliscia, a Licata, località presso la quale in passato si sono verificati altri rinvenimenti e recuperi. Il sito è stato scelto come area per la realizzazione di un saggio di scavo in funzione del recente rinvenimento di elementi lapidei e plumbei e di materiale anforaceo frammentario ed eterogeneo sparso. Le operazioni, condotte dalla Soprintendenza del Mare e dal Gruppo archeologico Finziade, hanno portato alla luce materiale ceramico, colli d’anfora e due elementi plumbei costituenti probabilmente un ceppo d’ancora del tipo mobile spezzato in due parti; i reperti si trovavano a profondità variabili tra i 5 e i 12 metri.
Gli elementi ritrovati rappresentano un forte indizio che l’area oggetto di indagine potrebbe essere stata oggetto in passato di numerosi naufragi o, comunque, di gravi collisioni sulla secca ad opera delle navi commerciali che transitavano sulle consolidate rotte provenienti dall’Africa e dal Vicino Oriente antico di cui abbiamo, peraltro, numerose testimonianze.
L’area è stata indagata dal 17 al 23 luglio da un team di subacquei che hanno effettuato il posizionamento topografico dei reperti e il successivo recupero nonchè le indagini sull’area del probabile relitto. Le prospezioni proseguiranno nei prossimi mesi al fine di completare la mappatura di un tratto di costa molto interessante dal punto di vista archeologico e che sicuramente fornirà ulteriori risultati per completare il quadro storico. Le campagna di indagini è stata realizzata grazie al supporto della CUTTITTA Srl di Licata e del Cantiere nautico Stella Maris di Gaetano Ripellino con la collaborazione della Capitaneria di Porto di Licata.